di Stefania Mantelli
(Estratto da “L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri – 28.10.2022)
In questa epoca di continue emergenze e conseguente schizofrenica decretazione d’urgenza,
risuona alla mente il pensiero di Costantino Mortati in merito alla distinzione tra
Costituzione formale e Costituzione materiale. Egli intese la Costituzione formale come
l’insieme di norme di cui al documento storico-politico solenne, con-tenente i principi
supremi dell’ordinamento giuridico e la Costituzione materiale come concetto che richiama,
direttamente, il ruolo delle forze politiche, e quindi quei principi effettivamente “portati”
avanti dai rappresentanti del-le Istituzioni, come scelte concrete, espressione di quel nucleo
di fini e di quell’insieme di principi e prassi che guidano la classe politica dominante in un
certo periodo storico che può arrivare a colmare le possibili lacune della Costituzione
scritta, adattandola alle necessità e contingenze del momento, senza con ciò modificarne
formalmente il testo. Dal suo pensiero nasce l’idea che la Costituzione materiale possa, nella sua applicazione concreta, anche essere parzialmente difforme da quelle scritta, ma
quest’ultima non deve perdere perciò solo il suo ruolo di guida, onde porre limiti a tentativi
di revisione costituzionale, su spin-te in spregio ai dettami fondamentali in essa tracciati. Da
fine giurista si trovò, quale componente della Assemblea Costituente, a dare concreta
applicazione alla sua “idea” del funzionamento di uno Stato democratico e, difatti, era ben
convinto che il proporzionale era l’unico sistema elettorale proponibile poiché questo
meccanismo poteva rispecchiare maggiormente la realtà sociale, avversando ogni proposta
di tipo presidenziale della forma di Governo. Fin da principio denunciò le disfunzioni nel
rapporto tra partiti e Assemblea, in quanto il pluralismo dei partiti stessi si manifestava in
forme disordinate, indebolendone la compagine e creando instabilità di Governo. E quindi
comprese la necessità di dare forma concreta alla sua intuizione e, preso atto dei difficili
rapporti di forza all’interno della classe politica e delle spinte sociali createsi nel
dopoguerra, tentò – senza riuscirvi – di introdurre forme di controllo sui partiti da parte della
Corte Costituzionale. La politica italiana stava lasciando emergere, sin da allora, i problemi
legati alla mancanza di una precisa determinazione di competenze tra Governo e Parlamento
e alla disattenzione rispetto all’individuazione di un sistema di diritti immediatamente
tutelabili. Queste preoccupazioni nell’ultimo decennio sono venute prepotentemente a galla.
Davanti alla fragilità della Costituzione e del suo complesso – e non immediato – sistema di
tutele, a fronte del potere oligarchico-economico che impera e che modella le forme della
democrazia alle logiche liberiste sovranazionali, con una erosione della rappresentatività
tanto per logiche di spartizione interne al Paese, quanto per le limitazioni di sovranità
sempre più evidenti, sta prendendo piede una nuova Costituzione materiale, dove le
decisioni politiche sono marginalizzate rispetto all’incalzare di dogmi scientifici in ogni
ambito. Da qui un generale sovvertimento delle fonti del diritto, un eccessivo utilizzo della
decretazione d’urgenza e una confusione di ruoli tra le varie Istituzioni. Tale torsione
interpretativa, di fatto una nuova specie di Costituzione materiale, appare sempre più
staccata dal testo costituzionale, e quindi dalla Costituzione formale, e parimenti sempre più
sconnessa dalla realtà, deformata dalle esigenze del mercato, laddove la politica dimostra la
sua incapacità di fare una sintesi tra valutazioni tecnico-scientifiche e valori culturali
nazionali. Questi timori trovano forma nelle parole del costituzionalista Fulco Lanchester
“tra costituzione formale (documentale o non documentale, rigida o meno) e costituzione
materiale esiste […] un gioco interpretativo, cui cooperano vari soggetti, che individua
l’elasticità del testo costituzionale formale”, allorquando “la tensione interpretati-va con il
testo formale diviene insostenibile, si producono fenomeni plastici i quali possono
comportare non soltanto la deformazione irreversibile, ma anche il superamento del
cosiddetto punto di rottura ovvero la non osservanza esplicita o implicita dei precetti
costituzionali fondamentali. Del medesimo atto solenne sono pertanto possibili diverse
interpretazioni, le quali possono “arrivare a zone limite in cui l’elasticità del testo individua
o una torsione plastica, con mutamento indelebile all’interno dell’area costituzionale, o un
punto di rottura che rende il testo solo una forma priva di connessione con la realtà”
[Lanchester F., La Costituzione tra elasticità e rottura, Milano, Giuffrè, 2011]. Può dirsi,
quindi, che questa continua forzatura interpretativa del dato formale del testo costituzionale
ha forse incontrato già il suo punto di rottura, divenendo un permanente stato di eccezione,
(concetto caro a Carl Schmitt che però lo considerava un caso limite, poiché di sospensione
del diritto), determinato da un potere economico-finanziario difficilmente contenibile perché
esercitato su scala mondiale, ponendosi al di sopra delle Istituzioni dei vari Paesi, che nelle
Costituzioni nazionali vede un inutile, o comunque non più sostenibile, limite.