Il divieto di “perquisizioni esplorative”

di Piermassimo Marrapodi
(Estratto da “L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri – 28.10.2022)

La perquisizione, sia essa personale, locale o telematica dev’essere sempre disposta con
decreto motivato dell’Autorità Giudiziaria con la finalità di ricercare il corpo del reato o
cose ad esso pertinenti. Per tale motivo, la norma di cui all’art. 247 c.p.p. va coordinata con
quanto previsto dall’art. 248 c.p.p. laddove si afferma che “se attraverso la perquisizione si
ricerca una cosa determinata, l’autorità giudiziaria, può invitare a consegnarla. Se la cosa è
presentata, non si procede alla perquisizione, salvo che si ritenga utile procedervi per la
completezza delle indagini”. La perquisizione è quindi un mezzo di ricerca della prova che
rientra tra gli “atti a sor-presa” in quanto affinché essa possa raggiungere la sua massima
utilità, né l’indagato (o l’imputato), né il suo difensore devono averne contezza. Nell’ipotesi
di flagranza di reato o di evasione, invece, gli Ufficiali di P.G. possono procedere di propria
iniziativa alla perquisizione perché il loro intervento è dovuto alla necessità di fare fronte ad
una situazione emergenziale dinanzi alla quale non è possibile attendere il decreto del P.M.
Si pensi ad esempio all’ipotesi in cui venga commesso un omicidio e la P.G. debba
procedere alla perquisizione di persone, locali, auto o borse per la ricerca dell’arma del
delitto (o dello stesso autore dell’omicidio). Anche in questi casi, tuttavia, è previsto un
controllo di legittimità da parte dell’Autorità Giudiziaria perché la P.G. dovrà trasmettere
senza ritardo, non oltre le 48 ore, il verbale di perquisizione al P.M. affinché proceda alla
convalida della perquisizione effettuata in via d’urgenza, sempre che ritenga che ne
sussistano i presupposti. Infatti, in materia di perquisizioni il legislatore si è preoccupato di
garantire un adeguato livello di tutela delle garanzie costituzionali poiché esse hanno un
carattere estremamente invasivo. Proprio per questo motivo, il nostro ordinamento non
consente le “perquisizioni esplorative” attraverso le quali la Polizia Giudiziaria, di propria
iniziativa, o il Pubblico Ministero, con decreto, mirano ad effettuare il sequestro della res
utile alla prosecuzione delle indagini quando ancora non sono ben definiti i margini della
condotta penalmente rilevante, né i soggetti coinvolti. In tali casi, la perquisizione dà spesso
esito positivo con il sequestro di un rilevante materiale probatorio che sarà poi attenzionato
dagli inquirenti per individuare i reati da perseguire e gli autori. Si pensi, ad esempio, ai
reati in materia fiscale e tributaria, ed in genere ai reati economici, in cui l’Autorità
Giudiziaria mira attraverso “perquisizioni esplorati-ve” ad individuare non già il corpo del
reato ma gli elementi utili per sostenere che sia stato commesso un reato o che taluno lo
abbia commesso.
Nell’esperienza giudiziaria, sono state frequenti le “perquisizioni esplorative” nell’ipotesi di
“aggiotaggio finanziario”, fattispecie di reato introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 185
del Testo Unico sulla Finanza, che ha l’obiettivo di tutelare l’integrità del mercato
finanziario e gli investitori dalle condotte manipolative in grado di alterare la regolare
formazione del prezzo degli strumenti finanziari. La norma punisce chiunque diffonde
notizie false o pone in essere opera-zioni simulate o altri artifizi idonei a provo-care
un’alterazione del prezzo degli strumenti finanziari. Si tratta di una fattispecie di pericolo concreto, sicché il Giudice di volta in volta dovrà accertare che la condotta dell’indagato sia
stata concreta-mente idonea a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti
finanziari. Per questo motivo, la difficoltà a fornire la prova della condotta di “aggiotaggio
finanziario” può spingere gli inquirenti ad effettuare “perquisizioni esplorative” per
individuare la prova di “operazioni simulate” finalizzate ad alte-rare il mercato finanziario.
In tali casi, quindi, la perquisizione non viene disposta per la ricerca del “corpo del reato”
ma per individuare la prova stessa che il reato di aggiotaggio sia stato commesso. Si pensi
ad esempio, all’ipotesi di negoziazione di azioni e strumenti finanziari nell’ambito del
circuito telematico laddove vada ricercata la prova che l’agente abbia immesso nel sistema
un’offerta di vendita/acquisto artificiosa fatta cioè con fini ingannatori, come per far credere
che un determinato titolo sia appetibile in quanto oggetto di crescenti e forti scambi sul
mercato. A giudizio di chi scrive le “perquisizioni esplorative” non sono consentite dal
nostro ordinamento e l’eventuale verbale di sequestro è nullo. Difatti, il decreto di
perquisizione dev’essere adeguatamente motivato e detta motivazione deve dare conto delle
ragioni per cui essa è disposta in relazione alla necessità di effettuare il sequestro di una
determinata cosa in relazione alle indagini da espletare. Nel decreto di perquisizione poi si
devono specificare la ragione per cui i beni ricercati possono considerarsi il corpo del reato
ovvero cose ad esso pertinenti e la concreta finalità probatoria perseguita. Non è sufficiente,
in altri termini, il mero richiamo nel decreto di perquisizione alla norma di legge violata
senza descrivere i fatti e la ragione per la quale viene disposta la perquisizione in relazione
alla ricerca di beni costituenti il corpo del reato o cose ad esso pertinenti. È infine
indispensabile indicare nel decreto di perquisizione la finalità probatoria perseguita rispetto
all’accertamento dei fatti per i quali si procede. Inoltre, la funzione “cautelare” del sequestro
non è sganciata dai principi di adeguatezza e proporzionalità per cui non tutto ciò che è
rinvenuto nella disponibilità dell’indagato può essere sequestrato, ma può essere sottoposto
a vincolo solo ciò che attiene alle indagini. Pertanto, la motivazione del decreto di
perquisizione e sequestro deve consentire la verifica della possibilità concreta di sussumere
un fatto specifico ad una determinata ipotesi di reato, non potendosi ritenere sufficiente la
mera “postulazione” della sua esistenza ovvero la prospettazione che sia necessario
effettuare le indagini rispetto ad una notizia di reato. Quindi, qualora nel decreto di
sequestro manchi l’indicazione della condotta per cui il soggetto perquisito viene indagato,
il mezzo di ricerca della prova assume una finalità esplorativa: in so-stanza, la perquisizione
viene disposta non già per la ricerca del corpo del reato ma per verificare se un reato sia
stato o meno commesso!!! Tornando all’ipotesi dell’aggiotaggio finanziario, si pensi
all’ipotesi in cui per accertare se vi sia stata la manipolazione di un titolo quotato nella
Borsa di Milano, per provocarne un eccessivo ribasso, il P.M. disponga la perquisizione
degli uffici di tutti gli operatori di borsa milanesi e disponga il sequestro di tutta la
documentazione informatica e telematica rinvenuta per accertare se da parte di qualche
operatore vi siano state operazioni scorrette finalizzate al deprezzamento di un titolo quotato
in borsa (per favorire la c.d. “scalata” di qualche operatore finanziario). In tal caso il decreto
di perquisizione e sequestro se non è adeguatamente motiva-to circa il fumus commissi
delicti e circa la res da sottoporre a sequestro rispetto al reato per il quale si indaga può
essere impugnato in sede cautelare ed in caso di rigetto può anche proporsi ricorso per
cassazione nell’ipotesi di violazione di legge. In tale nozione vanno ricompresi sia gli
errores in giudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione così
radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto
mancante o privo dei requisiti minimo di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice. Difatti, il decreto di
sequestro dev’esse-re sorretto da una motivazione che coniughi al ragionevole delinearsi di
ipotesi criminose l’enuncia-zione descrittiva dell’inerenza o pertinenzialità dei beni e delle
cose sequestrate all’accertamento di dette ipotesi di reato. Ad esempio, può ritenersi privo di
motivazione un decreto di perquisizione che, senza alcuna descrizione dei fatti illeciti
ascrivibili all’indagato, si limiti ad indicare gli articoli di legge violati, accompagnati dall’e-
nunciazione del tempo e del luogo di commissione dei fatti. Così è del tutto privo di
motivazione un decreto di perquisizione nel quale si affermi, ad esempio, che un titolo
quotato in borsa sia stato sospeso per eccessivo ribasso; che vi sia il fondato motivo di
ritenere che ciò sia dipeso da manovre speculative volte a favorire la sua “scalata” e che per
tale motivo si rende necessario sottoporre a sequestro tutte le comunicazioni telematiche
degli operatori di borsa che hanno effettuato operazioni finanziarie sul titolo medesimo. In
tal caso, viene eluso l’obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullità, il
decreto di perquisizione in ordine alle ragioni per cui i beni ricercati possono considerarsi il
corpo del reato ovvero cose ad esso pertinenti e alla concreta finalità probatoria perseguita
con l’apposizione del vincolo reale del sequestro. Il decreto, in sostanza, dev’essere
modulato da parte dell’Autorità Giudiziaria procedente in relazione al fatto ipotizzato, al
tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con
il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare. Pertanto, è del tutto carente
di motivazione un decreto di perquisizione che si limita, con una formula di stile, ad
affermare in modo apodittico che i beni e i documenti sequestrati sono utili per fini
investigativi in ordine al reato per il quale si procede. In definitiva, l’onere motivazione non
è soddisfatto quando l’Autorità procedente non descrive i fatti e la ragione per la quale i
beni da ricercare e sequestrare devono considerar-si corpo di reato o cose ad esso pertinenti
e senza indicare la finalità probatoria perseguita. Tale motivazione, puntuale e precisa, è
necessaria per consentire la verifica del-la possibilità concreta di sussumere un fatto
specifico ad una determinata ipotesi di reato, non potendosi ritenere sufficiente la mera
“postulazione” della sua esistenza ovvero la prospettazione esplorativa di indagine rispetto
ad una notizia di reato. L’obbligo di una stringente motiva-zione del decreto di
perquisizione e sequestro risponde all’esigenza di rispetta-re il principio costituzionale di
cui all’art. 13 in virtù del quale la libertà personale è in-violabile e non è ammessa alcuna
forma di perquisizione personale se non per atto motiva-to dalla legge. Tale principio trova
con-ferma anche nelle fonti internazionali e sovra-nazionali quali l’art. 3 della Dichiarazioni
Universale dei Diritti dell’Uomo; l’art. 9 del Patto Internazionale dei diritti civili; gli arti-
coli 3 e 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; l’art. 6 TUE e 6 Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea. La sensibilità del legislatore di tutelare la riservatezza
della persona trova un riconoscimento an-che nell’art. 34 dell’O.P. che disciplina le
perquisizioni personali nei confronti dei detenuti che possono sempre essere effettuate per
“per motivi di sicurezza” ma “nel pieno rispetto della personalità”. Ossia, l’amministrazione
penitenziaria non può adottare provvedimenti eccedenti il sacrificio della libertà personale
già discendente dallo stato di detenzione o che comportino un’alterazione nel grado di
privazione della libertà personale imposto al de-tenuto. Pertanto, la perquisizione dei
detenuti, per con-sentire un controllo giurisdizionale, dev’essere sempre documentata e
motivata. Anche con riguardo alla perquisizione effettuata ai detenuti vige pertanto, a parere
di chi scrive, il divieto di perquisizioni esplorative”.