L’osservanza delle regole a presidio della vita sociale nell’eterno conflitto tra etica e
diritto

di Francesco Febbraio
(Estratto da “L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri – 28.10.2022)

La ricorrenza delle celebrazioni degli “Incontri del villaggio campanelliano 2022” ha fornito
l’occasione per un originale confronto a più voci sul sempre attuale rapporto tra
l’esaltazione e la difesa di valori e principi considerati di alto lignaggio etico e morale da un
lato, ed il rispetto delle regole e delle norme vigenti che regolano i rapporti tra i consociati
in uno stato di diritto dall’altro. La novità è stata determinata dal format scelto
dall’organizzatore dell’incontro, Prof. Avv. Francesco Rosa, ap-passionato studioso di
Tommaso Campanella, il quale ha pensato di inscenare il V processo a cui è stato sottoposto
il frate e filosofo stignanese, nella piazza della città che gli ha dato i natali, per verificare se
le accuse che a suo tempo gli costarono la condanna per la congiura calabrese del 1599
(promossa con una rivolta che assunse i conno-tati di un tentativo di insurrezione popolare
per instaurare un regime comunista di stampo teocratico-repubblicano e la realizzazione di
un programma fondato sulla soppressione della proprietà privata con l’abolizione delle
gerarchie sociali) a distanza di oltre quattro secoli avrebbero potuto portare ad un giudizio
diverso e assolutorio sulla base delle norme oggi vigenti, in omaggio al principio di
mutabilità del diritto in virtù del mutare dei tempi, il cd. diritto vivente. Nel corso del
processo simulato si accusava il Campanella di essersi reso responsabile del reato di cui
all’art. 270 c.p. per aver promosso, costituito, organizzato e diretto un’associazione volta a
sopprimere violentemente l’Ordinamento politico e giuridico dello Stato, contrastando
l’applicazione della vigente normativa che prevede il pagamento di oneri fiscali anche nei
confronti di chi è titolare del reddito minimo previsto dalla legge nell’intero territorio
calabrese. Così, dopo una rapida fase istruttoria (che aveva dimostrato la febbrile attività di
proselitismo del frate domenicano attraverso prediche pubbliche in cui preannunciava gravi
sconvolgimenti politici ed iniziative, anche armate, rivolte a promuovere un ben strutturato
piano di rivolta con l’aiuto di signorotti locali che avevano assicurato il loro apporto
economico), dapprima la pubblica accusa e successivamente la difesa del Campanella hanno
potuto approfondire la struttura del reato di associazione sovversiva, che fortunatamente
oggigiorno trova spazio rara-mente nelle aule di giustizia, su cui infine si è confrontata una
giuria composta da tecnici qualificati (tra tutti il Presidente della Corte Dott.ssa Olga
Tarzia), abituati in ragione del loro ufficio a trattare questioni giuridiche complesse, e da
illustri cattedratici in materie filosofiche e giuridiche.
Come può facilmente intuirsi, nella prolungata ed interessantissima camera di consiglio
aperta il Presidente della Corte d’assise, all’uopo composta, ha avuto un bel da fare per
trovare una sintesi degli interventi dei giurati, alcuni dei quali escludevano in nuce la
rilevanza penale delle condotte del Campanella per gli alti scopi morali ed etici da cui era
ispirata, mentre altri rilevavano come alla luce del diritto vigente i fatti asseritamene
commessi e provati dal processo non potevano che essere meritevoli di una punizione. Al
fine di meglio inquadrare la struttura normativa del delitto di cui si discute è necessario
evidenziare che si tratta di un reato comune, di pericolo presunto e a partecipazione
necessaria. Il fatto di essere un reato a tutela anticipata sottopone chi deve decidere alla
risoluzione di due problematiche importanti. Innanzitutto, quanto può spingersi la tutela
anticipata per evitare conflitti con il principio di offensività e al contempo salvaguardare i
beni giuridici tutelati. La giurisprudenza anche più recente sul punto si è allineata
nell’affermare che la norma incriminatrice appresta tutela contro il programma di violenza e

non contro l’idea, che a sua volta anche se eversiva, ma non accompagnata da programmi e
comportamenti violenti, è tutelata dal nostro assetto costituzionale che favorisce il
pluralismo ed il libero pensiero. Per la configurabilità del reato, pertanto, occorre l’esistenza
di una struttura organizzata con un programma condiviso e finalizzato a sovvertire
violentemente l’ordinamento dello Stato attraverso progetti concreti di consumazione di atti
di violenza. Del resto il Legislatore nel 2006 nel tentativo di risolvere la vexata quaestio
aveva novellato l’art. 270 c.p., introducendo nel testo il requisito essenziale della idoneità
della struttura organizzata al raggiungimento degli scopi illeciti perseguiti. Questa
importante specificazione ci conduce al vaglio della seconda problematica che il giudice
deve affrontare nell’analisi dei fatti che deve giudicare e che assume estrema rilevanza
anche nella condotta addebitata all’imputato Campanella, ossia la verifica che il sodalizio di
cui sia stata accertata l’esistenza presenti un grado di effettività tale da rendere almeno
possibile l’attuazione del pro-gramma criminoso. È molto interessante sul punto la
pronuncia della Corte d’assise d’appello di Brescia su fatti che hanno avuto clamore
mediatico riconducibili all’occupazione di Piazza San Marco a Venezia da parte di aderenti
ad una associa-zione denominata “L’alleanza” che con gesti eclatanti reclamavano
l’indipendenza di alcune Regioni del nord. In tale occasione i manifestanti si fecero scudo
anche con un tank militare e nel corso delle perquisizioni successive fu rinvenute in un
magazzino, considerata la base logisti-ca del gruppo, anche del potente esplosivo.
Nonostante ciò, la Corte d’assise d’appello riformò (con conferma in Cassazione) la
sentenza di condanna di primo grado per il reato di cui all’art. 270 c.p., assolvendo ciascuno
degli associati individuati, ritenendo che i beni strumentali e le risorse finanziarie di cui
godeva l’associazione non fossero idonei a perseguire gli scopi sanzionati dalla norma e le
condotte fossero solo di tipo dimostrativo. Queste tematiche hanno fatto da sfondo anche
all’analisi del caso Campanella e alla fine, anche se solo a maggioranza dei giurati, il
filosofo stignanese, con grande disappunto del numeroso pubblico desideroso di vedere
riabilitata la figura del loro concittadino, è stato condannato anche secondo le leggi oggi
vigenti, sancendo la prevalenza della forza del diritto sugli scopi ed i fini che de-terminano
l’agire umano, a garanzia dei principi che garantiscono la convivenza civile.